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“Quando il mio babbo batteva il grano era l'unico momento dell'anno in cui c'era tanta di quella gente. C’erano: chi faceva i fili di ferro, quelli che erano addetti a prendere le spighe, quelli che tagliavano alla pressa, quelli che raccoglievano, le donne che intanto in casa facevano i sacchi, quelli che buttavano l'acqua, quelli che seccavano! Questi movimenti armonici, coordinati, era un'immagine di una bellezza! Quando si metteva da parte il grano, faceva bene a tutti. Poi veniva fuori il pane, un miracolo! Il pane, che è la cosa più semplice, più povera, più lieta e più antica del mondo, era un racconto. E come si fa a raccontare un pezzo di pane?” (n.d.r. Roberto Benigni in un’intervista di David Grieco su L'UNITÀ del 10/10/2002).

Ci ha provato Peppino Piccolo, lo ha raccontato gli alunni della IV B della scuola “Calò” di Ginosa.

"Il Signor Giuseppe ci accoglie con delle buone focaccine fritte, ci invita ad entrare nel panificio che ospita il forno attualmente più antico di Ginosa e ci saluta con il suono di una cornetta, strumento che veniva utilizzato molti anni fa dal fornaio per avvisare le donne che il pane da loro stesse impastato era cotto.

Ci siamo recati al panificio con le maestre Rosa, Rosanna e Giusy,  per assistere alla preparazione del pane azzimo in quanto, in storia e in religione, stiamo studiano il popolo ebraico.

Quando fuggirono dall’Egitto, le donne del popolo ebraico non avendo tempo per far lievitare il pane lo cucinarono subito dopo averlo impastato. Nacque così il pane azzimo (dal greco “azymos” privo di lievito). Questo alimento appartiene alla storia dei cibi poveri del mondo, ogni paese ha il suo pane non lievitato. Ancora oggi gli ebrei, il giorno di Pasqua (che quest'anno cade dal 23 al 30 aprile), per rammentare la fuga dall’Egitto mangiano: le erbe amare, per ricordare l’amarezza della schiavitù; l’uovo sodo, perché è simbolo dell’eternità; lo stinco d’agnello, perché ricorda l’agnello che li ha salvati; il charoset, che evoca la cenere e la malta usata in Egitto; il pane azzimo che ricorda la fretta con cui le donne prepararono il pane. Il Charoset è il nome di una specie di marmellata dolce e compatta che si mangia durante la cena Pasquale, e che simboleggia  la malta o l’argilla usata dagli Ebrei schiavi in Egitto per modellare i mattoni. Le erbe amare vengono intinte nel Charoset per essere più gradevoli al palato.

Peppino Piccolo ci ha mostrato sia il lievito nostrano sia quello chimico, spiegandoci la differenza tra i due. Ha preparato per noi una focaccia azzima e l’ha infornata esibendo il forno in tutta la sua suggestione, paragonabile ad una enorme bocca spalancata, infine ce l’ha offerta per il grande piacere del nostro palato. Ci ha anche  fatto vedere una sua specialità, la focaccia “a’ mmers”,  cioè condita al contrario con gli ingredienti per il condimento messi sul fondo della teglia e la pasta della focaccia poggiata sul condimento.

La visita si è conclusa con l’ assaggio dei “dormenti”, un dolce pasquale  tipico della tradizione ginosina, dal gusto delizioso.

Ricorderemo questa lezione per i sapori, i profumi, le tracce di farina sui nostri abiti, la cortesia di Peppino Piccolo e dei suoi collaboratori e per via Forno, bellissimo angolo del centro storico”.

Pensieri e parole degli alunni

della IV B del “Calò” – Ginosa Ta

Ricetta del charoset

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