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Articolo numero 14: diritto d’asilo - Cellamaro

Sono Alessandro, ho 12 anni e vivo a Ginosa, in Italia. Come tutti sapete in Italia c’è la guerra. Voglio scappare, da grande voglio avere una famiglia e un lavoro, un lavoro che mi piace. Non sono sicuro di riuscire a farcela: la notte non dormo, ogni “due per tre” esplode una bomba. Ho paura, mio padre è lì fuori a combattere per la patria, forse non lo rivedrò mai più, o forse in paradiso, o almeno lo spero. È giorno, sono stanchissimo e non riesco a rimanere in piedi… oggi mia madre ha detto a me e a mio fratello che dovevamo darci da fare, dovevamo preparare le valigie: domani si partiva per la Grecia. Ci ha detto anche che si era accordata con papà prima che la guerra iniziasse e, che non dovevamo preoccuparci di lui, perché le aveva promesso che ci avrebbe raggiunto una volta finita la guerra. Non sapevo se essere felice o triste: da una parte andavo verso la salvezza, ma dall’altra non credevo alle parole di mio padre e quindi ero ancora più in ansia di quanto non lo fossi prima. Le valigie sono pronte, ceniamo ed andiamo a dormire. Sono le cinque, vedo per la prima volta in vita mia l’alba, un’alba stupenda che mi rincuora e mi riempie di speranza. Partiamo da Castellaneta Marina, assieme a noi ci sono circa cento persone, bambini, ragazzi della mia età, adulti e anziani, tutti pronti a saltare sul barcone per dirigersi verso la libertà. Siamo appena partiti, il mare è mosso e il cielo è nuvoloso, la speranza acquisita stamattina si è sciolta nelle onde. I bambini piangono e fanno rumore, mentre le mamme cercano di coccolarli per tranquillizzarli, per paura che vengano buttati in mare. È sera e non ho idea di dove siamo, non vedo nulla, sento solo la mano di mia madre che sta stringendo la mia. E così

un’altra dure giornata è passata. È stato impossibile dormire, si sta scomodi, stretti e fa freddissimo. Dopo tre giorni di agonia, finalmente, il conducente ci urla che siamo arrivati, ma c’è un problema: la guardia costiera! Nessuno di noi è in regola, non so proprio cosa possa succedere adesso. Il barcone tutto ad un tratto si ferma, vedo salirci altre persone che discutono con lo scafista: dobbiamo tornare indietro. La mia gioia si è spenta in tre parole, ora come andrà a finire, riusciremo ad arrivare in Italia sani e salvi e, soprattutto, perché stiamo tornando indietro? Sono depresso, ho capito che i miei sogni non si avvereranno mai e che tra un giorno all’altro moriremo, la guerra è proprio una brutta cosa. Siamo tornati in Italia, il viaggio di ritorno è stato più tranquillo: nessuno aveva il coraggio di aprire bocca, anche i più piccoli avevano capito che era una situazione critica. A casa, mia madre, ci ha rincuorati: “Non vi preoccupate, compreremo un nuovo biglietto e riusciremo a scappare”, ha detto. Sono passate settimane e come ci aveva promesso mamma abbiamo comprato un nuovo biglietto e tra cinque giorni partiremo, questa volta in direzione Spagna. Ancora una volta il barcone è straripante di gente, tutte in cerca di un futuro migliore. Partiamo, il mare e calmo e soffia un vento leggero che fa rabbrividire, ma non credo che per tutto il viaggio sarà così. È il secondo giorno in mare, fin qui è andato tutto alla perfezione. Dopo un’eternità in mezzo al nulla, nella tranquillità più assoluta siamo arrivati in Spagna. Pensavo di essere salvo, libero, ma ancora una volta quelle dannate guardie costiere: ci hanno fermati di nuovo, ma non riesco a capirne il motivo!Il mio destino è quello, morire a causa della guerra. Subito il mare diventa mosso, il cielo fa più scuro, la notte non porta bene. Comincia a piovere e le onde si alzano sempre di più, sto avendo davvero paura. Sono ore di sofferenza per me e penso lo siano per tutti quelli che sono sul barcone, fino a quando questa si è spenta in mare: un’onda ci ha ribaltati, siamo finiti sotto il barcone e così è giunta la fine della mia breve vita. 

  Alessandro Cellamaro

Classe II A Sc. Sec. I gr

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